MOBBING E TUTELA DEL LAVORATORE TRA FONDAMENTO NORMATIVO E TECNICA RISARCITORIA




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[*] Testo rielaborato della relazione presentata al convegno sul “mobbing” tenutosi a Cosenza il 12/04/2003 ed organizzato dalla locale sezione del Centro Studi “Domenico Napoletano”. Sono state aggiunte le note.

[1] V. la Carta dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, ad iniziativa di AMATO – TREU, che all’art. 17 prevede l’estensione ai lavoratori autonomi della tutela contro i comportamenti persecutori; per un commento v. ALLEVA – NACCARI, “Nota di commento alla proposta di “Carta dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”, www.cgil.it”.

[2] CARINCI F., “Il mobbing: un fantasma si aggira per le aule giudiziarie”, in LG, 2003, 1097 ss.; DEL PUNTA, “Il mobbing: l’illecito e il danno”, LD, 2003, 3, 539 ss.

[3] Per una ricostruzione dell’eziologia del fenomeno mobbing v. anche Corte Cost. 19 dicembre 2003 n. 359, http://www.unicz.it/lavoro/COST359(03).htm; si tratta della pronunzia dichiarativa di illegittimità costituzionale della nota legge Regione Lazio 11 luglio 2002 n. 16, contenente disposizioni per prevenire e contrastare il mobbing nei luoghi di lavoro.

[4] Per un inquadramento teorico del tema dei limiti al licenziamento, v. Napoli, "La stabilità reale del rapporto di lavoro", Milano, 1980, 15 ss.

[5] V. DE LUCA TAMAJO, "Garantismo "e "controllo sindacale" negli sviluppi recenti della legislazione del lavoro, in CESSARI-DE LUCA TAMAJO, "Dal garantismo al controllo", Milano, 1987, 37 ss.”

[6] DEL PUNTA "L'abuso nel diritto del lavoro" in Diritto Privato, III, L'abuso del diritto, Padova, Cedam, 1997, 403 ss.

[7] Così SALVI, "Abuso del diritto", I, Diritto civile, EncGTrecc, vol. I., Roma, 1988, 1 ss.; nello stesso senso, CARINCI F., cit. 1098; in giurisprudenza, v. Trib. Milano 28 febbraio 2003, D&L, 2003, 655 ss."

[8] Così NATOLI, “Note preliminari ad una teoria dell’abuso del diritto nell’ordinamento giuridico italiano”, in Diritti fondamentali e categorie generali”, Milano, 1993, 511 ss.”

[9] DEL PUNTA "L'abuso nel diritto del lavoro" cit.”

[10] In realtà nell’esperienza romanistica non si concepiva che si potesse ritenere compiuto contro il diritto un atto che era in facoltà del soggetto di compiere. Veniva affermato decisamente che :” nullus videtur dolo facere  qui iure suo utitur”.”

[11] V. MESSINETTI, Abuso del diritto, (voce) Enciclopedia del diritto, Aggiornamento, vol. II, Giuffrè, 1998, 1 ss.”

[12] Per un inquadramento generale sul tema v. BUSNELLI, "Note in tema di buona fede ed equità", RDC, 2001, I, 537 ss. In particolare, per le applicazioni nell'ambito del diritto del lavoro, v. MONTUSCHI, " L'applicazione giurisprudenziale del principio di correttezza e di buona fede nel rapporto di lavoro" DL, 1996, n. 1, 139 ss.; RESTELLI, "Motivazione dell'esercizio dello ius variandi e clausole generali di correttezza e buona fede", RIDL, 2003, II, 40ss.; PERULLI, "La buona fede nel diritto del lavoro", RGL, 2002, I, 3 ss.”

[13] RODOTÀ, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1969.”

[14] NATOLI, "L'attuazione del rapporto obbligatorio", in Messineo (diretto da), Manuale di diritto civile e commerciale, I, Milano, 1974, 2 ss., e II, 1984, 80 ss.; adesivamente MAZZOTTA, "La resistibile ascesa della parità di trattamento nel rapporto di lavoro", FI, 1993, I, 1794.”

[15] Sull'argomento v. CHESSA, "Bilanciamento ben temperato o sindacato esterno di ragionevolezza? Note sui diritti inviolabili come parametro del giudizio di costituzionalità", Gcost. , 1998, 3925 ss.”

[16] Il riconoscimento dell'obbligo di buona fede nell'esercizio dei poteri privati consente di concretizzare un'importante tutela di chi è assoggettato a tali poteri. In particolare, l'obbligo è correlato ad una pretesa qualificabile in termini di diritto soggettivo (con esclusione di ogni riferimento alla figura dell'interesse legittimo). Può inoltre trarsi conferma della competenza dell'autorità giudiziaria a giudicare dell'esercizio abusivo dei poteri autoritari. Fermo, sempre, il più generale problema della compatibilità dei poteri privati con il principio dell'uguaglianza reciproca. Sul punto, v. BIANCA, "Le autorità private", Napoli, 1977, 46 ss.”

[17] V. DI MAJO, "Delle obbligazioni in generale", in Galgano (a cura di) Commentario del codice civile Scialoja - Branca, Bologna - Roma, 1988, 336 ss.”

[18] Sull'argomento, v. PERULLI, "La buona fede nel diritto del lavoro", cit.”

[19] Corte Cost. 9 marzo 1989 n. 103, RIDL, 1989, II, 389 ss, con note di MARIANI e PERA. Con riferimento al principio di parità di trattamento, la Corte riconosce che "sono tollerabili e possibili disparità e differenziazioni di trattamento, sempre che siano giustificate e comunque ragionevoli".”

[20] In giurisprudenza, attingendo all'area pubblicistica, si è fatto ricorso all'istituto dell'eccesso di potere per es. nel caso in cui si deduca che la sanzione disciplinare è stata inflitta dall'imprenditore allo scopo di raggiungere, in tal modo, un risultato che sarebbe stato impossibile o disagevole realizzare per altra via, ovvero si prospettino ipotesi di arbitrarietà o iniquità manifesta.”

[21] Con riguardo al licenziamento, come è noto, la giurisprudenza è giunta da tempo a enucleare una fattispecie di licenziamento "ingiurioso", riscontrabile quando le modalità siano tali, anche in relazione alla natura del rapporto, da offendere la reputazione morale o professionale del dipendente; v. ex multis Trib. Milano 23 maggio 1995, OGL 1998, I, 709 ss.”

[22] V. Trib. Bari, decreto del 4 giugno 2001 n. 1753/01 bis; nonchè Trib. Bari 14 gennaio 2003 n. 3164, entrambi inediti.”

[23] V. Cass. 4 marzo 993, n. 2595.”

[24] V. AAVV, Parità di trattamento, Diritto civile, EncGTrecc, XXII, Roma, 1990.”

[25] V. ad es. Cass. 17 maggio 1996 n. 4570, Gciv. 1996, I, 1889.”

[26] Incisivamente, CARINCI F. cit. parla di “intenzionale abuso del modulo relazionale da parte del superiore” (1098).”

[27] Per la causalità del licenziamento, prima dell’entrata in vigore della disciplina limitativa del 1966, è d’obbligo il rinvio alle riflessioni di MANCINI, “Il recesso unilaterale e i rapporti di lavoro”, II, “Il recesso straordinario. Il negozio di recesso, Milano, Giuffrè, 1965; ivi, il giurista affermava che “Per aversi recesso straordinario non è sufficiente che il potere sia concesso in vista di un certo motivo; occorre anche – ed è il requisito più importante – che il rapporto tra motivo e potere sia tale che l’atto intimato in assenza del primo o a cospetto di un motivo meno grave cada per invalidità. Il motivo, insomma, o, meglio, quel motivo e quello solo, deve essere fattispecie del potere” (p. 5).”

[28] CESSARI, "Concezione "causale" del controllo dei poteri dell'imprenditore", in CESSARI-DE LUCA TAMAJO, cit, 105.”

[29] CESSARI, cit.”

[30] Si ponga mente a quanto si dice circa il potere disciplinare che è una delle forme, forse la più pregnante, della superiorità datoriale: " il riconoscimento del potere privato unilaterale di reagire alla inosservanza degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro mediante la irrogazione di misure punitive, può essere considerata un'anomalia sul piano dei rapporti contrattuali, perchè, di solito, il potere disciplinare è tipico delle organizzazioni autoritarie che si pongono nell'orbita del diritto pubblico” (GHERA, "Diritto del lavoro, Cacucci, 2002, 162 ss.).”

[31] V. MONTUSCHI, "Problemi del danno alla persona nel rapporto di lavoro", RIDL, 1994, I, 317-337. Ivi, l'A. afferma che "la posizione soggettiva passiva descritta dall'art. 2087 c.c...., compendia, ad un tempo, icasticamente l'obbligo dell'imprenditore e, dunque, della stessa organizzazione del lavoro di rispettare il diritto del prestatore alla conservazione della propria integrità psico-fisica”.”

[32] V. VISCOMI, "Il mobbing: alcune questioni su fattispecie ed effetti", LD, 2002, 45 ss.”

[33] v. MENGONI, PROTO PISANI, ORSI BATTAGLINI, "L’influenza del diritto del lavoro su diritto civile, diritto processuale civile, diritto amministrativa", GDLRI, 1990, n. 45, 5 ss.”

[34] RUDAN, “Il contratto di tirocinio”, Milano, Giuffrè, 1966, 470 ss.; NAPOLI, “Disciplina del mercato del lavoro ed esigenze formative”, in RGL, 1997, I, 263 ss., spec. 270; GALANTINO, “Diritto del lavoro”, Torino, Giappichelli, 1998, 101; GUARRIELLO, “Trasformazioni organizzative e contratto di lavoro”, Napoli, Jovene, 2000, 216 ss.”

[35] GUARRIELLO, cit., 299 ss.”

[36] NAPOLI, cit., 270; ma va doverosamente segnalato che tale teoria era stata già sostenuta, con riferimento alla contrattazione collettiva, da RUDAN, cit. 470 ss.”

[37] Sul punto v. Trib. Ravenna, 6/12/2001, RGL, 2003, II, 93 ss con nota di VINCIERI, “violazione dei doveri di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto e risarcimento della perdita di chance”.”

[38] Per una disamina generale v. "Mobbing o molestie: le fattispecie", LG, (speciale mobbing), n. 4, 2003.”

[39] EGE, “La valutazione peritale del danno da mobbing”, Milano, 2002. Dello stesso A. “Dalle origini del mobbing alla valutazione del danno”, LG, n. 4, 2003, 316 ss.”

[40] Così GRAGNOLI, Soddisfazione professionale e promozione delle libertà personali. I limiti ai poteri del datore di lavoro e la tutela risarcitoria, Relazione al convegno organizzato dal Centro Studi “Domenico Napoletano”, Cosenza - 12.4.2003.”

[41] Così VISCOMI “Il mobbing: alcune questioni su fattispecie ed effetti”, LD n. 1,2002, 45. Secondo l’A. è l’intenzionalità offensiva della condotta e non soltanto la potenzialità lesiva della medesima a configurare una fattispecie di mobbing.”

[42] Così GRAGNOLI cit.”

[43] Trib. Lecce (ord.) 31 agosto 2001.”

[44] Trib. Roma, ord. 30 gennaio 2003, www.unicz.it/lavoro/TRIBRM300103 htm.”

[45] Trib. Como 27 settembre 2002, GL 2002, 50, 46.”

[46] Cass. Sez. Lav. 16 giugno 2001, n. 8173, RIDL 2002, II, 154, con nota di CALAFÀ, Tra mobbing e mero conflitto: un’ipotesi di legittima reazione a un atteggiamento incivile del datore di lavoro.”

[47] Una definizione teleologica delle molestie è rinvinibile negli artt. 2 co. 3 del d. lgs 215 e 216/2003; in entrambi sono considerati discriminazione “anche le molestie …aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo”.”

[48] Trib. Como 22 maggio 2001, LG 2002, 73, con nota di EGE; Trib. Como 22 febbraio 2003, MGL, 2003, 5, 328 ss.”

[49] Trib. Torino 11 dicembre 1999, FI 2000, I, 1555 con nota di DE ANGELIS “Interrogativi in tema di danno alla persona del lavoratore” e RIDL, 2000, II, 102 ss., con nota di PERA, La responsabilità dell’impresa per il danno psicologico subito dalla lavoratrice perseguitata dal preposto (a proposito del c.d. mobbing)

[50] Cass. Sez. VI Pen. 12 marzo 2001, n. 10090, DPL, 2001, 2744 ss; Trib. Reggio Calabria19 febbraio 2003, www.unicz.it/lavoro/TRIBRC190203.htm.”

[51] Trib. Torino 1 agosto 2002, DPL 2002, 2735, con nota di RAUSEI, Persecuzioni psicologiche e stress sul lavoro: l’infarto come lesione da mobbing.”

[52] Cass. Sez. Lav. 5 febbraio 2000, n. 1307, FI, 2000, 1554, con nota di PERRINO.”

[53] Cass. Sez. II Pen. 24 gennaio 2003, n. 3779, DPL 2003, 630.”

[54] Trib. Torino 30 dicembre 1999, D&L 2000, 378; L.G., 2000, 832, con commento di NUNIN)”

[55] GRAGNOLI, cit.”

[56] Pret. Napoli 9 giugno 1994, D&L 1994, 977.”

[57] Cfr. Cass. Sez. Lav. 26 maggio 1999, n. 5154; v. anche CACCAMO e MOBIGLIA, Mobbing: tutela attuale e recenti prospettive, DPL, 2000, ins. al n. 18.”

[58] Cass. Sez. Lav. 19 gennaio 1999, n. 475, MGL 1999, 270, con nota di RONDO, È illegittimo reiterare le visite mediche di controllo sulla malattia già accertata. Tale sentenza conferma, sul punto, quanto affermato dal Pretore di Lecce che a tal proposito aveva parlato di “vero e proprio stillicidio di visite medico - fiscali di controllo”. Il Pretore di Lecce, quindi, accertato sia il profilo causale (in quanto l'Inps procede alle visite di controllo solo su impulso del datore di lavoro) sia quello soggettivo (in quanto la società datrice di lavoro era consapevole delle condizioni di salute della lavoratrice), ha ravvisato nella condotta del datore di lavoro un abuso di potere, in violazione dei principi di correttezza ex art. 1175 c.c. e della tutela della salute ex art. 2087 c.c. Conseguentemente il Pretore, sul presupposto che gli obblighi di correttezza integrano il contenuto del contratto e che il relativo inadempimento (di natura dolosa) comporta la responsabilità del datore dei lavoro, ha ritenuto il datore di lavoro medesimo responsabile di tutte le conseguenze dannose, pur non volute o soggettivamente imprevedibili, derivanti dall'inadempimento ex art. 1225 c.c. Il Pretore, infine, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno biologico.”

[59] Pret. Milano 16 gennaio 1996, MGL 1996, 350, con nota di CASTELVETRI.”

[60] Pret. Milano 14 dicembre 1995, LG 1996, 385.”

[61] Pret. Milano 20 giugno 1995, D&L, 1995, 945; v. anche Cass. del 16/06/2001 n. 8173, www. Unicz.it/lavoro/Cass8173(01).htm.”

[62] Pret. Roma 17 aprile 1992, LPO 1992, 1172.”

[63] Trib. Milano 16 dicembre 1995, RCDL 1996, 458.”

[64] Cass. Sez. Lav. 14 novembre 2001, n. 14189; Cass. Sez. Lav. 23 ottobre 2001, n. 13033, D&L, 2001, 705; v. sullo stesso tema, Cass. Sez. Lav. 4 novembre 1990, LPO 1990, 2387, con nota di Meucci; Pret. Milano 8 aprile 1992, D&L 1993, 658.”

[65] Trib. Forlì 15 marzo 2001, RIDL 2001, II, 728, con nota di Vincieri, e D&L 2001, 411, con nota di Greco, Danno esistenziale e risarcimento da mobbing.”

[66] Trib. Torino 10 agosto 2001”

[67] Trib. Treviso 13 ottobre 2000.”

[68] Pret. Roma 15 maggio 1986, RIDL 1987, I,110; v. inoltre, Cass. 12 marzo 2003 n. 3972/1536, FA; TAR 2003, 870; Cass. 4 giugno 2003 n. 8904, GL, 2003, 27, 30ss.; Cass. 4 maggio 2003 n. 6714; Trib. Torino, 18 dicembre 2002, www.unicz/TRIBTO18122002.htm; Cass. 14/05/12002, n. 6992 con nota di PAIANOTTI, RIDL, 2003, II, 326; Cass. 13 luglio 2002, n. 10203 con nota di Lovo, RIDL, 2003, II, 380 ss; Trib. Torino 10 aprile 2002 www.unicz.it/TRIBPISA100402.htm; riguardo all’esclusione dell’invocabilità dell’art. 2103 c.c. contra Cass. 6 marzo 2003, n. 3362, DPL, 2003, 15, 57 ss.”

[69] Cfr. MORONE, Alcune considerazioni sulla giurisprudenza in tema di prova e di quantificazione del cosiddetto danno alla professionalità, ADL 2000, 747. L’A. evidenzia che esistono due orientamenti; secondo il primo, minoritario, il prestatore di lavoro deve fornire la prova dell’esistenza del danno, in base all’art. 2697 c.c. (Cass. Sez. Lav. 11 agosto 1998, n. 7905; Cass. Sez. Lav. 4 febbraio 1997, n. 1026; Cass. Sez. Lav. 18 aprile 1996, n. 3686); un secondo orientamento, maggioritario, afferma che il danno è in re ipsa, e, come tale, non necessita di prova ex multis: Cass. Sez. Lav. 14199/2001; Cass. Sez. Lav. 14189/2001; Cass. Sez. Lav. 2 novembre 2001, n. 13580, D&L, 2001, 705; Cass. Sez. Lav. 13033/2001; Cass. Sez. Lav. 9228/2001; Cass. Sez. Lav. 6 novembre 2000, n. 14443; Cass. Sez. Lav. 18 ottobre 1999, n. 11727; Cass. Sez. Lav. 16 dicembre 1992, n. 13299; Trib. Milano 4 maggio 2001; Trib. Treviso 13 ottobre 2000; Trib. Roma 4/4/2000: Pret. Milano 21 gennaio 1992) In questo caso la dequalificazione, che occasioni il mancato rispetto delle obbligazioni assunte (da eseguire secondo correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c.) e quindi la violazione dell'art. 2103 c.c., determina un vulnus della dignità e della personalità morale del lavoratore nonché del suo diritto alla realizzazione delle proprie aspettative nell'ambito dell'attività lavorativa in funzione delle quali ha instaurato un rapporto di lavoro. Tale vulnus - immanente al danno da demansionamento, cioé a dire "in re ipsa" e, come tale, non necessitante di prova da di pregiudizio economico - occasiona responsabilità da inadempimento del debitore ex art. 1218 c.c., liquidabile dal giudice adito anche in via equitativa ex art. 1226 c.c., Cass. del 12 novembre 2002 n. 15868 DPL, 2003, 9, 632 ss. Per quanto riguarda la professionalità in senso oggettivo (come perdita di chances) si sottolinea che l'affermazione di un valore superiore della professionalità, direttamente collegato ad un diritto fondamentale del lavoratore e costituente sostanzialmente un bene a carattere immateriale, in qualche modo supera ed integra la precedente affermazione che la mortificazione della professionalità del lavoratore potesse dar luogo a risarcimento solo ove venisse fornita la prova dell'effettiva sussistenza di un danno patrimoniale (in quest’ultimo senso v. Cass. 8 novembre 2003 n. 16792 GL, 2004, 1, 21. Va invece dimostrato il concreto pregiudizio qualora si adduca addizionalmente una lesione della professionalità in senso obiettivo, sciolta da ogni riferimento alla dignità del lavoratore ed intesa nel senso di perdita di occasioni concrete di progressione lavorativa (migliori occasioni di collocazione lavorativa all'esterno e di avanzamento in carriera all'interno (Cass. Sez. Lav. 6 novembre 2000, n. 14443).”

[70] Cass. Sez. Lav. 11 gennaio 1995 n. 276, D&L 1995, 961.”

[71] Per un’ipotesi di dipendente RAI, assunto per svolgere mansioni di attore e inutilizzato per 16 anni, v. Cass. Sez. Lav. 2 gennaio 2002, n. 10, RIDL 2003, II, 58, con nota di QUARANTA, La dimensione equitativa della valutazione del danno da demansionamento; vanno altresì citate le tre ordinanze rese nel 2003 dal Tribunale di Roma (20 febbraio; 3 giugno e 23 luglio) nella nota fattispecie del giornalista Santoro, D&L, 2003, 678 ss.”

[72] Trib. Milano 26 aprile 2000, D&L, 2000, II, 750, con nota di PAVONE.”

[73] Cass. Sez. Lav. 6 novembre 2000, n. 14443, in MGC, 2000, 2263.”

[74] Cass. Sez. Lav. 7 luglio 2001, n. 9228, D&L, 2001, 999.”

[75] Trib. Milano 30 maggio 1997, D&L 1997, 789; Pret. Milano 11 marzo 1996, D&L 1996, 677, Cass. Sez. Lav. 8835/1991, RIDL 1992, II, 954, con nota FOCARETA; Trib. Bari, 19/03/2001 Trib. Bari (ord.) 21 novembre 2000 e Trib. Bari (ord.) 29 settembre 2000, in Le Corti di Bari, Lecce e Potenza, 2001, 261 ss.”

[76] Trib. Forlì 15 marzo 2001, RIDL 2001, II, 728, con nota di VINCIERI, e D&L 2001, 411, con nota di GRECO.”

[77] IZZI, Denuncia di mobbing e licenziamento per giusta causa: chi la fa l’aspetti?, commento a Cass. Sez. Lav. 143/2000, RIDL 2000, II, 776.”

[78] PIZZOFERRATO, “Molestie sessuali sui luoghi di lavoro: verso una tipizzazione della fattispecie giuridica e delle tecniche di tutela, commento a Cass. Sez. Lav. 8 agosto 1997, n. 7380, RIDL 1998, II, 799, 803 ss.”

[79] V. la Risoluzione del Parlamento Europeo dell’11 giugno 1986, sulla violenza contro le donne; la Risoluzione del Consiglio del 29 maggio 1990, sulla tutela della dignità degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro; la Raccomandazione della Commissione del 27 novembre 1991; la Dichiarazione del Consiglio del 19 dicembre 1991.”

[80] Secondo PIZZOFERRATO, cit., “ l’interpretazione del diritto interno deve avvenire alla luce della lettera e dello spirito delle norme comunitarie, anche se contenute in raccomandazioni. …Se il fondamento lesivo del comportamento molesto viene rinvenuto nel nostro ordinamento direttamente nell’art. 41, comma secondo, Cost., dove si tutela la dignità della persona dinanzi all’iniziativa economica privata, nulla impedisce che in tale situazione antigiuridica si collochi una fattispecie dai contorni delineati dall’ordinamento comunitario. …la raccomandazione della Commissione non solo ha tracciato una fattispecie aperta e assai comprensiva, ma ha predisposto un codice di condotta relativo ai comportamenti da adottare nella lotta contro le molestie sessuali …Si individuano, inoltre, procedure informali e formali di segnalazione del comportamento indesiderato …La Commissione formula agli Stati membri l’invito ad attuare il codice di condotta nel settore pubblico e ad incoraggiarne l’adozione nel settore privato (sebbene in tutti i contratti collettivi di comparto del pubblico impiego privatizzato le molestie sessuali siano state incluse espressamente fra i comportamenti sanzionabili disciplinarmente, tuttavia in nessuno è stata data attuazione ai contenuti della Raccomandazione CEE”.”

[81] Trib. Pisa 7 ottobre 2001, DPL Oro 3/2002, 177.”.

[82] Del pari è stato riconosciuto il danno biologico per l’insorta sindrome ansiosa depressiva reattiva, in favore di una lavoratrice che aveva subito molestie sessuali da parte di un capo-turno ed era stata adibita ad una postazione di lavoro isolata e di ridotte dimensioni; in questo senso  v. Pret. Milano 14 agosto 1995, D&L 1996, 680; Pret. Milano 14 agosto 1991, RIDL 1992, II, con nota di POSO; Trib. Torino 16 novembre 1999, LG 2000, 361 con nota di SANTORO.”.

[83] Cass. Sez. Lav. 8 gennaio 2000, n. 143, RIDL 2000, II, 764, con note di D’APONTE, Molestie sessuali e licenziamento: è necessaria la prova del c.d. mobbing?, e di IZZI, Denunzia di mobbing e licenziamento per giusta causa: chi la fa l’aspetti?”.

[84] Cass. 17 luglio 1995, n. 776.”.

[85] Trib. Monza (decreto) 19 dicembre 2000, LG 2001, 975, con nota di FERRANTE.”.

[86] Pret. Ferrara 25 novembre 1993, RIDL 1994, II, 555, con nota di TULLINI, Del licenziamento, del danno biologico e di altro, 562 ss.; In tema di licenziamento ingiurioso, v. anche: Cass. Sez. Lav. 1 luglio 1997, n. 5850, GL 1997, 4, 18; Cass. Sez. Lav. 7 febbraio 1994, n. 1219, OGL 1994, 863.”.

[87] V. sul punto Cass. 5 febbraio 2002 n. 1307, I, 1570; Cass. 9 aprile 2003, GL 2003 n. 5539, 21, 12 ss.”.

[88] V. Trib. Pisa 3 ottobre 2001, www.unicz.it/lavoro.”.

[89] In ordine all’ampiezza dell’obbligo ex art. 2087 c.c., è opinione di LAZZARI che secondo l’interpretazione datane in giurisprudenza e in dottrina, alla luce dei principi sanciti negli artt. 32 e 41, comma 2, Cost. e dei doveri di correttezza e buona fede, l’osservanza dell’art. 2087 c.c. non si esaurisce nel rispetto degli obblighi tassativamente previsti per legge in materia di sicurezza, ma impone al datore di lavoro anche l’adozione di tutte le misure di ordine generale che risultino di volta in volta idonee a garantire, secondo le “particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica”, l’integrità psico-fisica del lavoratore. Sicché, la sua natura di norma generale si rivela particolarmente adatta a sanzionare comportamenti materiali atipici, come quelli in cui spesso si concretizzano le pratiche di mobbing (…) Il problema vero, dunque, è quello di dare un contenuto all’obbligo di tutela dell’art. 2087 c.c. e di garantirne l’effettività, anticipando quindi le garanzie e sostanzialmente le barriere che l’ordinamento deve opporre alla lesione dei diritti fondamentali. (“Il mobbing fra norme vigenti e prospettive di intervento legislativo, RGL 2001, I, 59, 62) Di identico avviso è SMURAGLIA, che, dopo aver illustrato tutta una serie di fattispecie nel contesto di una nuova e complessa visione dei diritti fondamentali della persona che lavora, derivante da quanto sta emergendo dalla realtà, afferma che, in tale prospettiva, si deve andare ben oltre la riparazione ex post (che pure richiede il perfezionamento delle tecniche di tutela), per concentrare ogni sforzo sulla prevenzione, responsabilizzando i datori di lavoro in una rinnovata visione della portata dell’art. 2087 c.c., e, nello stesso tempo, investendo di nuovi compiti le rappresentanze dei lavoratori ed i lavoratori stessi. [Diritti fondamentali della persona nel rapporto di lavoro (Situazioni soggettive emergenti e nuove tecniche di tutela), RGL 2000, I, 447 ss., spec. 454].”.

[90] V. Trib. Torino 16 novembre 1999, in. L.G., 2000, 361 ss. ; Trib. Forlì 15 marzo 2001, D&L 2001, 423.”.

[91] Così Trib. Milano 9 maggio 2003, D&L, 2003, 649 ss.”.

[92] V. PICCININNO, (Danno biologico, azioni di regresso e surroga nell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, DL 1995, 59) il quale, benchè rilevi che la giurisprudenza della Corte di Cassazione è …costante circa il concorso delle due azioni, quella contrattuale e quella extracontrattuale; ed è sotto gli occhi di tutti la differenza che si connette a queste diverse forme di responsabilità, in ordine al regime della prescrizione e dell’onere della prova, afferma che tale concorso di azioni è stato sottoposto ad una convincente revisione critica secondo la quale, in materia di lavoro o in materia di trasporto di persone, il concorso di azioni è possibile, ma soltanto laddove il contratto disponga del diritto alla salute e non anche laddove il contratto, in qualche modo, si limiti ad implicare il diritto alla salute per disporre relativamente ad oggetti diversi. Orbene è possibile ritenere che il diritto alla salute, ove costituisca oggetto di violazione, cioè di inadempimento, dia luogo all’azione contrattuale, ma perché con contratto si disponga del diritto alla salute occorrerebbe che il diritto fosse disponibile, il ché non è; pertanto in materia di diritto alla salute è impossibile prefigurare un contratto che deduca a proprio oggetto il diritto stesso; è, quindi, impossibile prefigurare un’azione contrattuale residuando soltanto un’azione extracontrattuale.”.

[93] V. Cass. 17 luglio 1995, n. 7768, GI, 1996, I, 1110; Cass. 21 dicembre 1998, n. 12763, NGL, 1999, 187; Cass. 20 gennaio 2000, n. 602, RGC, 2000, voce Lavoro (rapporto di), n. 1121.”.

[94] V. Trib. Forlì, 15 marzo 2001, D.L., 2001, 477 ss.”.

[95] v. Corte d’appello Firenze 4 febbraio 2003, D&L, 2003, 354 ss.; Cass. 2753/2002, GL 2003, 15, 39 ss.; Cass. 5/2002 con nota di SALVAGLI, RIDL, 2003, 735 ss.; Cass. 9856/2002, GL 2002, 34, 35 ss.; Trib. Milano 20 maggio 2000 con commento di Nunin, LG 2001, 4, 367 ss.”.

[96] All’art. 1227 co. 2 c.c., CARINCI F., cit. 1099, riconduce l’inerzia del lavoratore nel denunziare pratiche di mobbing, paventando un’ipotesi di prescrizione del diritto al risarcimento.”.

[97] Sul punto v. RAUSEI, "Il mobbing", DPL, ORO, 2002, n. 3, 53 ss; in giurisprudenza v. Corte d’Appello Genova 19 settembre 2001, GL 2002, 15, 26.”.

[98] V. sul punto ZOPPOLI L., "Il danno biologico tra principi costituzionali, rigidità civilistiche e tutela previdenziale, DRI, 2001, 389 ss.”.

[99] LASSANDARI, "L'alternativa fra fondamento contrattuale o aquiliano della responsabilità e le sue ripercussioni", in PEDRAZZOLI (a cura di), "Danno biologico e oltre. La risarcibilità dei pregiudizi alla persona del lavoratore", Giappichelli, Torino, 1995, 113 ss.”.

[100] V. Cass. 20 dicembre 1986, n. 7801, RIDL, 1987, II, 578; Trib. Milano 9 maggio 2003, D&L, 2003, 649 ss.”.

[101] Trib. Torino, 16 novembre 1999, cit., nonchè, RIDL, 2000, II, 102.”.

[102] La Cassazione ha escluso la possibilità di limitare la responsabilità del datore di lavoro per i danni fisici (sindrome depressiva e successivo infarto), provocati con il suo comportamento al lavoratore, in ragione della esistenza di una concausa rappresentata da una preesistente patologia coronarica; la Corte ha affermato che una limitazione di responsabilità può derivare solo dalla concorrenza di un altrui fatto colposo o doloso, ma non dalla concorrenza, nella causazione dell’evento, di una precedente malattia o di altro evento naturale ed imprevedibile (Cass. Sez. Lav. 5 novembre 1999, n. 12339, D&L, 2000, II, 205 ss.). La giurisprudenza di merito ha escluso che il datore di lavoro possa essere, in tutto o parte, esonerato dalla responsabilità per il danno biologico e morale sofferto dalla lavoratrice molestata, in ragione della esistenza di una concausa del danno, rappresentata dalla particolare fragilità personale della donna. Conclusione del tutto corretta se si tiene conto, da un lato, del principio per cui il concorso di cause, anche se indipendenti dall’azione o dall’omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra queste e l’evento dannoso, e, dall’altro, della inoperatività della limitazione della responsabilità contrattuale al solo danno prevedibile, ai sensi dell’art. 1225 c.c., allorquando l’inadempimento sia accompagnato da dolo (ovverosia da una condotta intenzionalmente diretta a ledere la personalità del lavoratore). L’inoperatività che potrà essere opposta al datore di lavoro in tutti i casi di mobbing che siano ascrivibili ad una sua propria condotta o ad una sua consapevole e volontaria omissione; inoperatività che non ci sarà nemmeno bisogno di invocare nei casi – meno gravi e più ricorrenti – in cui alla persecuzione sul luogo di lavoro faccia seguito, come conseguenza prevedibile secondo la scienza medica e psichiatrica, una sindrome ansioso depressiva (Trib. Milano, 19 giugno 1993 e 21 aprile 1998, D&L, 1998, 957).”.

[103] V. Cass. 2 maggio 2000, n. 5491, L.G., 2000, 830 ss., con commento di NUNIN.”.

[104] V. Cass. 21 dicembre 1998, n. 12763, GCM, 1998, 2635.”.

[105] Sul punto v. MOTTOLA, "Mobbing e comportamento antisindacale", Torino, Utet, 2003, 57 ss.”.

[106] Ex multis, v. Cass. 17 giugno 1995, n. 7768, GI, I, 1110; Cass. 6 marzo 1995, n. 2577; Cass. 5 ottobre 1994, n. 8090.”.

[107] V. Cass. 2 maggio 2000, n. 5491.”.

[108] V. Corte Cost. 6 maggio 1985, n. 132, G.C, 1985, 934.”.

[109] In generale sulla valutazione del danno "da mobbing", v. EGE, "La valutazione peritale del danno da mobbing", Milano, Giuffrè, 2002.”.

[110] Sui concetti di danno emergente e lucro cessante, v. TORRENTE - SCHELESINGER, “Manuale di diritto privato”, Giuffrè, Milano, 1999, 431”.

[111] V. Cass. 6 giugno 1981 n. 3675, FI 1981, I, 1884; Cass. 6 aprile 1983 n. 2369, GI, 1984, I, 1, 537.”.

[112] V. Trib. Torino 11 dicembre 1999, cit., e 30 dicembre 1999, R.I.D.L., 2000, II, 378; sul punto v. AMATO-CASCIANO-LAZZERONI-LOFFREDO, "Il Mobbing", Milano, Giuffrè, 2002, 114 ss.”.

[113] Cass. 19 gennaio 1999, n. 475, OGL, 1999, 295. Si richiama l'attenzione su Pret. Bologna 20 gennaio 1990, secondo la quale l'unica lettura corretta dell'art. 2059 cc è nel senso di ritenere che il "danno" di cui parla espressamente l'art. 41 co. 2 Cost. sia decisamente risarcibile perché la legge di base dell'ordinamento effettua inequivocabilmente la "determinazione" del relativo "caso" lesivo non patrimoniale".”.

[114] v. sul punto Cass. sez. lav. 22 febbraio 2003 n. 2763; Cass. sez. Lav. 6 marzo 2003, n. 3362.”.

[115] Pertanto, "il danno arrecato al giornalista dequalificato perché politicamente discriminato rileva sia come danno alla professionalità che come danno alla dignità umana e alla libertà di pensiero dell'operatore dell'informazione" in (Pret. Milano 15 maggio 1995, D&L, 1995, 943).”.

[116] Trib. Milano 14 marzo 2003, D&L, 2003, 674 ss.; Trib. Parma 17 aprile 2003, ibidem 668 ss.; quest’ultima pronunzia si segnala per la compiuta definizione di danno esistenziale.”.

[117] V. Trib. Milano 19 giugno 1993, D&L, 1994, 130; in modo conforme Pret. Milano 14 luglio 1991, OGL, 1991, 888, in cui si dice " che..la condotta posta in essere dal datore di lavoro, oltre che un inadempimento contrattuale, integra anche un'ipotesi delittuosa, ed in particolare il reato previsto e punito dall'art. 521 c.p., se non già quello previsto e punito dagli artt. 56-519 c.p."”.

[118] V. Corte Cost. 27 dicembre 1991, n. 485, GI, 1992, I, 1, 794.”.

[119] V. Corte Cost. 14 luglio 1987, n. 184, FI, 1986, I, 2067.”.

[120] V. SMURAGLIA, “Diritti fondamentali della persona nel rapporto di lavoro cit; ivi, l’A. afferma che l’ipotesi più complessa … è quella della lesione dell’integrità psico-fisica sotto il profilo di un danno psichico non inquadrabile immediatamente come una delle classiche patologie mentali. Si tratta, cioè, di tutto quel complesso di turbe di carattere nevrotico, di menomazioni a carattere più squisitamente psicologico, che vanno al di là del disagio o del disturbo esistenziale, per sconfinare in vere e proprie forme patologiche, ancorché non di tipo “tradizionale”. Quanto al fatto che non si tratti di vere “malattie”, questo assunto deriva da concezioni antiquate, secondo le quali la malattia mentale è solo quella studiata e valutata dalla psichiatria, in qualche modo “misurabile” e rientrante nelle definizioni classiche della Organizzazione mondiale della sanità. In epoca più recente, gli studi più aggiornati hanno dimostrato che disturbi psicologici possono assurgere a livello di vere e proprie situazioni patologiche o di processi patologici. (…) Spesso, alla radice di questi fenomeni, c’è la stessa organizzazione del lavoro, ponendosi come causa determinante dello stress: la faticosità, la ripetitività, i ritmi di lavoro eccessivi, la mancanza di pause adeguate nei lavori monotoni, sono spesso causa di infortuni; ma altrettanto spesso sono alla base di un disadattamento, di un affaticamento mentale, che può trasformarsi con facilità in una vera turba mentale. Ma, accanto a questa, ci sono altre cause in qualche modo meno afferrabili, ma talora addirittura determinanti: la dequalificazione, la mancanza di opportunità di sviluppo professionale, il lavoro svolto in ambiente ostile, la sottoposizione a persecuzioni o molestie, e così via, sono altrettanti fattori di danno psichico”.”.

[121] V. TULLINI, "Mobbing e rapporto di lavoro", RIDL, 2000, I, 251 ss.”.

[122] Tale definizione è reperibile in numerose pronunzie, tra cui si segnala Trib. Parma 17 aprile 2003 cit.; Trib. Milano 28 febbraio 2003 cit.; per una ricostruzione dell’elaborazione giurisprudenziale della nozione di danno esistenziale, anche al di fuori del diritto del lavoro, v. Atanasio, “Nuove frontiere del danno alla persona nel diritto del lavoro” D&L, 2003, 515 ss.”.

[123] V. CENDON, "Dieci anni di danno esistenziale, relazione al convegno su "Il danno esistenziale. Aspetti civili, processuali, medico-legali", Padova, 5 ottobre 2001.”.

[124] V. DE ANGELIS "Interrogativi in tema di danno alla persona del lavoratore", FI, I, 1157 ss.”.

[125] Sul punto v. SMURAGLIA, "Diritti fondamentali della persona nel rapporto di lavoro", cit.; CIMAGLIA, "Riflessioni su mobbing e danno esistenziale", in RGL, 2002, II, 91 s; PARPAGLIONI, "Il danno esistenziale fa il suo ingresso nel diritto del lavoro attraverso il mobbing", RIDL, 2002, II, 534 ss.; DE ANGELIS, "Interrogativi in tema di danno alla persona del lavoratore", cit.”.

[126] V. DEL PUNTA, Il mobbing cit.”.

[127] V. Cass. 7 giugno 2000, n. 7713, GCM 2000, 1240.”.

[128] Cass. sez. lav. 3 luglio 2001, n. 909.”.

[129] Così Cass. 9 settembre 2001 cit.”.

[130] CENDON-ZIVIZ, nota a Ferrara 25 novembre 1993, NGCC, 1995, 70 ss.”.

[131] Contro tale concezione e assolutamente favorevole alla catalogazione del danno esistenziale quale danno in re ipsa, v. MONATERI, "Verso una teoria del danno esistenziale", in CENDON (a cura di) "Il danno esistenziale", Cedam, Padova, 2000, 713 ss.”.

[132] Sul punto v. PEDRAZZI, “Liftinh the veil: il disvelamento del danno esistenziale”, in PONZANELLI (a cura di), “Critica del danno esistenziale”, Padova, Cedam, 2003, 41 ss.”.

[133] Sul punto v. RAUSEI, "Il mobbing", DPL ORO, 2002, n. 3, 53 ss..”.

[134] Tra le sentenze ante d. lgs. 38/2000 v. Cass. 7459/1997, NGL 1997, 452; Cass. 11428/2000, ibidem, 2001, 132 ss.”.

[135] A sostegno di ciò, si rinvia all'orientamento manifestato da Cass. n. 9801/1998, relativamente alla riconducibilità al concetto di "occasione di lavoro" di tutto quanto attiene alle "condizioni ambientali di lavoro". Si ricordi anche Corte Cost. 10 febbraio 1988 n.. 179 che ha sancito per il riconoscimento delle malattie professionali il passaggio dal sistema tabellare chiuso a quello misto extratabellare confermato nell'art. 10, co. 4 d.lgs.38/2000”.

[136] Il dato è stato riferito in data 6 maggio 2002 dal sovrintendente medico dell'Istituto, prof. CIMAGLIA, durante un convegno presso la Camera dei Deputati.