MOBBING E
TUTELA DEL LAVORATORE TRA FONDAMENTO NORMATIVO E TECNICA
RISARCITORIA
Insert
[*] Testo rielaborato
della relazione presentata al convegno sul “mobbing”
tenutosi a Cosenza il 12/04/2003 ed organizzato dalla locale
sezione del Centro Studi “Domenico Napoletano”. Sono
state aggiunte le note.
[1] V. la Carta dei
diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, ad iniziativa di AMATO
– TREU, che all’art. 17 prevede l’estensione ai
lavoratori autonomi della tutela contro i comportamenti
persecutori; per un commento v. ALLEVA – NACCARI,
“Nota di commento alla
proposta di “Carta dei diritti delle lavoratrici e dei
lavoratori”, www.cgil.it”.
[2] CARINCI F.,
“Il
mobbing: un fantasma si
aggira per le aule giudiziarie”, in LG, 2003, 1097 ss.;
DEL PUNTA, “Il
mobbing: l’illecito e
il danno”, LD, 2003, 3, 539 ss.
[3] Per una
ricostruzione dell’eziologia del fenomeno mobbing v. anche
Corte Cost. 19 dicembre 2003 n. 359, http://www.unicz.it/lavoro/COST359(03).htm;
si tratta della pronunzia dichiarativa di illegittimità
costituzionale della nota legge Regione Lazio 11 luglio 2002 n. 16,
contenente disposizioni per prevenire e contrastare il mobbing nei
luoghi di lavoro.
[4] Per un inquadramento
teorico del tema dei limiti al licenziamento, v. Napoli, "La
stabilità reale del rapporto di lavoro", Milano, 1980, 15
ss.
[5] V. DE LUCA TAMAJO,
"Garantismo "e "controllo
sindacale" negli sviluppi recenti della legislazione del
lavoro, in CESSARI-DE LUCA TAMAJO, "Dal garantismo al controllo",
Milano, 1987, 37 ss.”
[6] DEL PUNTA "L'abuso nel diritto del lavoro"
in Diritto Privato, III, L'abuso del diritto, Padova, Cedam, 1997,
403 ss.
[7] Così SALVI,
"Abuso del diritto", I,
Diritto civile, EncGTrecc, vol. I., Roma, 1988, 1 ss.; nello stesso
senso, CARINCI F., cit. 1098; in giurisprudenza, v. Trib. Milano 28
febbraio 2003, D&L, 2003, 655 ss."
[8] Così NATOLI,
“Note preliminari ad
una teoria dell’abuso del diritto nell’ordinamento
giuridico italiano”, in Diritti fondamentali e categorie
generali”, Milano, 1993, 511 ss.”
[9] DEL PUNTA "L'abuso nel diritto del lavoro"
cit.”
[10] In realtà
nell’esperienza romanistica non si concepiva che si potesse
ritenere compiuto contro il diritto un atto che era in
facoltà del soggetto di compiere. Veniva affermato
decisamente che :” nullus videtur dolo facere qui iure suo
utitur”.”
[11] V. MESSINETTI,
Abuso del diritto,
(voce) Enciclopedia del diritto, Aggiornamento, vol. II,
Giuffrè, 1998, 1 ss.”
[12] Per un
inquadramento generale sul tema v. BUSNELLI, "Note in tema di buona fede ed
equità", RDC, 2001, I, 537 ss. In particolare, per le
applicazioni nell'ambito del diritto del lavoro, v. MONTUSCHI, "
L'applicazione
giurisprudenziale del principio di correttezza e di buona fede nel
rapporto di lavoro" DL, 1996, n. 1, 139 ss.; RESTELLI,
"Motivazione dell'esercizio
dello ius variandi e clausole generali di correttezza e buona
fede", RIDL, 2003, II, 40ss.; PERULLI, "La buona fede nel diritto del
lavoro", RGL, 2002, I, 3 ss.”
[13] RODOTÀ,
Le fonti di integrazione del
contratto, Milano, 1969.”
[14] NATOLI, "L'attuazione del rapporto
obbligatorio", in Messineo (diretto da), Manuale di diritto
civile e commerciale, I, Milano, 1974, 2 ss., e II, 1984, 80 ss.;
adesivamente MAZZOTTA, "La
resistibile ascesa della parità di trattamento nel rapporto
di lavoro", FI, 1993, I, 1794.”
[15] Sull'argomento v.
CHESSA, "Bilanciamento ben
temperato o sindacato esterno di ragionevolezza? Note sui diritti
inviolabili come parametro del giudizio di
costituzionalità", Gcost. , 1998, 3925
ss.”
[16] Il riconoscimento
dell'obbligo di buona fede nell'esercizio dei poteri privati
consente di concretizzare un'importante tutela di chi è
assoggettato a tali poteri. In particolare, l'obbligo è
correlato ad una pretesa qualificabile in termini di diritto
soggettivo (con esclusione di ogni riferimento alla figura
dell'interesse legittimo). Può inoltre trarsi conferma della
competenza dell'autorità giudiziaria a giudicare
dell'esercizio abusivo dei poteri autoritari. Fermo, sempre, il
più generale problema della compatibilità dei poteri
privati con il principio dell'uguaglianza reciproca. Sul punto, v.
BIANCA, "Le autorità
private", Napoli, 1977, 46 ss.”
[17] V. DI MAJO,
"Delle obbligazioni in
generale", in Galgano (a cura di) Commentario del codice civile
Scialoja - Branca, Bologna - Roma, 1988, 336 ss.”
[18] Sull'argomento, v.
PERULLI, "La buona fede nel
diritto del lavoro", cit.”
[19] Corte Cost. 9 marzo
1989 n. 103, RIDL, 1989, II, 389 ss, con note di MARIANI e PERA.
Con riferimento al principio di parità di trattamento, la
Corte riconosce che "sono tollerabili e possibili disparità
e differenziazioni di trattamento, sempre che siano giustificate e
comunque ragionevoli".”
[20] In giurisprudenza,
attingendo all'area pubblicistica, si è fatto ricorso
all'istituto dell'eccesso di potere per es. nel caso in cui si
deduca che la sanzione disciplinare è stata inflitta
dall'imprenditore allo scopo di raggiungere, in tal modo, un
risultato che sarebbe stato impossibile o disagevole realizzare per
altra via, ovvero si prospettino ipotesi di arbitrarietà o
iniquità manifesta.”
[21] Con riguardo al
licenziamento, come è noto, la giurisprudenza è
giunta da tempo a enucleare una fattispecie di licenziamento
"ingiurioso", riscontrabile quando le modalità siano tali,
anche in relazione alla natura del rapporto, da offendere la
reputazione morale o professionale del dipendente; v. ex multis
Trib. Milano 23 maggio 1995, OGL 1998, I, 709 ss.”
[22] V. Trib. Bari,
decreto del 4 giugno 2001 n. 1753/01 bis; nonchè Trib. Bari
14 gennaio 2003 n. 3164, entrambi inediti.”
[23] V. Cass. 4 marzo
993, n. 2595.”
[24] V. AAVV,
Parità di trattamento, Diritto civile, EncGTrecc, XXII,
Roma, 1990.”
[25] V. ad es. Cass. 17
maggio 1996 n. 4570, Gciv. 1996, I, 1889.”
[26] Incisivamente,
CARINCI F. cit. parla di “intenzionale abuso del modulo
relazionale da parte del superiore” (1098).”
[27] Per la
causalità del licenziamento, prima dell’entrata in
vigore della disciplina limitativa del 1966, è
d’obbligo il rinvio alle riflessioni di MANCINI,
“Il recesso unilaterale
e i rapporti di lavoro”, II, “Il recesso straordinario. Il negozio
di recesso”,
Milano, Giuffrè, 1965; ivi, il giurista affermava che
“Per aversi recesso straordinario non è sufficiente
che il potere sia concesso in vista di un certo motivo; occorre
anche – ed è il requisito più importante
– che il rapporto tra motivo e potere sia tale che
l’atto intimato in assenza del primo o a cospetto di un
motivo meno grave cada per invalidità. Il motivo, insomma,
o, meglio, quel motivo e quello solo, deve essere fattispecie del
potere” (p. 5).”
[28] CESSARI, "Concezione "causale" del controllo
dei poteri dell'imprenditore", in CESSARI-DE LUCA TAMAJO, cit,
105.”
[29] CESSARI,
cit.”
[30] Si ponga mente a
quanto si dice circa il potere disciplinare che è una delle
forme, forse la più pregnante, della superiorità
datoriale: " il riconoscimento del potere privato unilaterale di
reagire alla inosservanza degli obblighi contrattuali del
prestatore di lavoro mediante la irrogazione di misure punitive,
può essere considerata un'anomalia sul piano dei rapporti
contrattuali, perchè, di solito, il potere disciplinare
è tipico delle organizzazioni autoritarie che si pongono
nell'orbita del diritto pubblico” (GHERA, "Diritto del lavoro, Cacucci,
2002, 162 ss.).”
[31] V. MONTUSCHI,
"Problemi del danno alla
persona nel rapporto di lavoro", RIDL, 1994, I, 317-337. Ivi,
l'A. afferma che "la posizione soggettiva passiva descritta
dall'art. 2087 c.c...., compendia, ad un tempo, icasticamente
l'obbligo dell'imprenditore e, dunque, della stessa organizzazione
del lavoro di rispettare il diritto del prestatore alla
conservazione della propria integrità
psico-fisica”.”
[32] V. VISCOMI,
"Il mobbing: alcune questioni
su fattispecie ed effetti", LD, 2002, 45 ss.”
[33] v. MENGONI, PROTO
PISANI, ORSI BATTAGLINI, "L’influenza del diritto del
lavoro su diritto civile, diritto processuale civile, diritto
amministrativa", GDLRI, 1990, n. 45, 5 ss.”
[34] RUDAN,
“Il contratto di
tirocinio”, Milano, Giuffrè, 1966, 470 ss.;
NAPOLI, “Disciplina del
mercato del lavoro ed esigenze formative”, in RGL, 1997,
I, 263 ss., spec. 270; GALANTINO, “Diritto del lavoro”, Torino,
Giappichelli, 1998, 101; GUARRIELLO, “Trasformazioni organizzative e
contratto di lavoro”, Napoli, Jovene, 2000, 216
ss.”
[35] GUARRIELLO, cit.,
299 ss.”
[36] NAPOLI, cit., 270;
ma va doverosamente segnalato che tale teoria era stata già
sostenuta, con riferimento alla contrattazione collettiva, da
RUDAN, cit. 470 ss.”
[37] Sul punto v. Trib.
Ravenna, 6/12/2001, RGL, 2003, II, 93 ss con nota di VINCIERI,
“violazione dei doveri di correttezza e buona fede
nell’esecuzione del contratto e risarcimento della perdita di
chance”.”
[38] Per una disamina
generale v. "Mobbing o molestie: le fattispecie", LG, (speciale
mobbing), n. 4, 2003.”
[39] EGE,
“La valutazione
peritale del danno da mobbing”, Milano, 2002. Dello
stesso A. “Dalle
origini del mobbing alla valutazione del danno”, LG, n.
4, 2003, 316 ss.”
[40] Così
GRAGNOLI, Soddisfazione
professionale e promozione delle libertà personali. I limiti
ai poteri del datore di lavoro e la tutela risarcitoria,
Relazione al convegno
organizzato dal Centro Studi “Domenico Napoletano”,
Cosenza - 12.4.2003.”
[41] Così VISCOMI
“Il mobbing: alcune
questioni su fattispecie ed effetti”, LD n. 1,2002, 45.
Secondo l’A. è l’intenzionalità offensiva
della condotta e non soltanto la potenzialità lesiva della
medesima a configurare una fattispecie di mobbing.”
[42] Così
GRAGNOLI cit.”
[43] Trib. Lecce (ord.)
31 agosto 2001.”
[44] Trib. Roma, ord. 30
gennaio 2003, www.unicz.it/lavoro/TRIBRM300103
htm.”
[45] Trib. Como 27
settembre 2002, GL 2002, 50, 46.”
[46] Cass. Sez. Lav. 16
giugno 2001, n. 8173, RIDL 2002, II, 154, con nota di
CALAFÀ, Tra mobbing e
mero conflitto: un’ipotesi di legittima reazione a un
atteggiamento incivile del datore di lavoro.”
[47] Una definizione
teleologica delle molestie è rinvinibile negli artt. 2 co. 3
del d. lgs 215 e 216/2003; in entrambi sono considerati
discriminazione “anche le molestie …aventi lo scopo o
l’effetto di violare la dignità di una persona e di
creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e
offensivo”.”
[48] Trib. Como 22
maggio 2001, LG 2002, 73, con nota di EGE; Trib. Como 22 febbraio
2003, MGL, 2003, 5, 328 ss.”
[49] Trib. Torino 11
dicembre 1999, FI 2000, I, 1555 con nota di DE ANGELIS
“Interrogativi in tema
di danno alla persona del lavoratore” e RIDL, 2000, II,
102 ss., con nota di PERA, La
responsabilità dell’impresa per il danno psicologico
subito dalla lavoratrice perseguitata dal preposto (a proposito del
c.d. mobbing)”
[50] Cass. Sez. VI Pen.
12 marzo 2001, n. 10090, DPL, 2001, 2744 ss; Trib. Reggio
Calabria19 febbraio 2003,
www.unicz.it/lavoro/TRIBRC190203.htm.”
[51] Trib. Torino 1
agosto 2002, DPL 2002, 2735, con nota di RAUSEI, Persecuzioni psicologiche e stress sul
lavoro: l’infarto come lesione da
mobbing.”
[52] Cass. Sez. Lav. 5
febbraio 2000, n. 1307, FI, 2000, 1554, con nota di
PERRINO.”
[53] Cass. Sez.II
Pen. 24 gennaio 2003, n. 3779, DPL 2003, 630.”
[54] Trib. Torino 30
dicembre 1999, D&L 2000, 378; L.G., 2000, 832, con commento di
NUNIN)”
[55] GRAGNOLI,
cit.”
[56] Pret. Napoli 9
giugno 1994, D&L 1994, 977.”
[57] Cfr. Cass. Sez.
Lav. 26 maggio 1999, n. 5154; v. anche CACCAMO e MOBIGLIA,
Mobbing: tutela attuale e
recenti prospettive, DPL, 2000, ins. al n.
18.”
[58] Cass. Sez. Lav. 19
gennaio 1999, n. 475, MGL 1999, 270, con nota di RONDO, È illegittimo reiterare le
visite mediche di controllo sulla malattia già
accertata. Tale sentenza conferma, sul punto, quanto affermato
dal Pretore di Lecce che a tal proposito aveva parlato di
“vero e proprio stillicidio di visite medico - fiscali di
controllo”. Il Pretore di Lecce, quindi, accertato sia il
profilo causale (in quanto l'Inps procede alle visite di controllo
solo su impulso del datore di lavoro) sia quello soggettivo (in
quanto la società datrice di lavoro era consapevole delle
condizioni di salute della lavoratrice), ha ravvisato nella
condotta del datore di lavoro un abuso di potere, in violazione dei
principi di correttezza ex art. 1175 c.c. e della tutela della
salute ex art. 2087 c.c. Conseguentemente il Pretore, sul
presupposto che gli obblighi di correttezza integrano il contenuto
del contratto e che il relativo inadempimento (di natura dolosa)
comporta la responsabilità del datore dei lavoro, ha
ritenuto il datore di lavoro medesimo responsabile di tutte le
conseguenze dannose, pur non volute o soggettivamente
imprevedibili, derivanti dall'inadempimento ex art. 1225 c.c. Il
Pretore, infine, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del
danno biologico.”
[59] Pret. Milano 16
gennaio 1996, MGL 1996, 350, con nota di
CASTELVETRI.”
[60] Pret. Milano 14
dicembre 1995, LG 1996, 385.”
[61] Pret. Milano 20
giugno 1995, D&L, 1995, 945; v. anche Cass. del 16/06/2001 n.
8173, www. Unicz.it/lavoro/Cass8173(01).htm.”
[62] Pret. Roma 17
aprile 1992, LPO 1992, 1172.”
[63] Trib. Milano 16
dicembre 1995, RCDL 1996, 458.”
[64] Cass. Sez. Lav. 14
novembre 2001, n. 14189; Cass. Sez. Lav. 23 ottobre 2001, n. 13033,
D&L, 2001, 705; v. sullo stesso tema, Cass. Sez. Lav. 4
novembre 1990, LPO 1990, 2387, con nota di Meucci; Pret. Milano 8
aprile 1992, D&L 1993, 658.”
[65] Trib. Forlì
15 marzo 2001, RIDL 2001, II, 728, con nota di Vincieri, e D&L
2001, 411, con nota di Greco, Danno esistenziale e risarcimento da
mobbing.”
[66] Trib. Torino 10
agosto 2001”
[67] Trib. Treviso 13
ottobre 2000.”
[68] Pret. Roma 15
maggio 1986, RIDL 1987, I,110; v. inoltre, Cass. 12 marzo 2003 n.
3972/1536, FA; TAR 2003, 870; Cass. 4 giugno 2003 n. 8904, GL,
2003, 27, 30ss.; Cass. 4 maggio 2003 n. 6714; Trib. Torino, 18
dicembre 2002, www.unicz/TRIBTO18122002.htm;
Cass. 14/05/12002, n. 6992 con nota di PAIANOTTI, RIDL, 2003, II,
326; Cass. 13 luglio 2002, n. 10203 con nota di Lovo, RIDL, 2003,
II, 380 ss; Trib. Torino 10 aprile 2002 www.unicz.it/TRIBPISA100402.htm;
riguardo all’esclusione dell’invocabilità
dell’art. 2103 c.c. contra Cass. 6 marzo 2003, n.
3362, DPL, 2003, 15, 57 ss.”
[69] Cfr. MORONE,
Alcune considerazioni sulla
giurisprudenza in tema di prova e di quantificazione del cosiddetto
danno alla professionalità, ADL 2000, 747. L’A.
evidenzia che esistono due orientamenti; secondo il primo,
minoritario, il prestatore di lavoro deve fornire la prova
dell’esistenza del danno, in base all’art. 2697 c.c.
(Cass. Sez. Lav. 11 agosto 1998, n. 7905; Cass. Sez. Lav. 4
febbraio 1997, n. 1026; Cass. Sez. Lav. 18 aprile 1996, n. 3686);
un secondo orientamento, maggioritario, afferma che il danno
è in re ipsa, e, come tale, non necessita di prova ex multis: Cass. Sez. Lav.
14199/2001; Cass. Sez. Lav. 14189/2001; Cass. Sez. Lav. 2 novembre
2001, n. 13580, D&L, 2001, 705; Cass. Sez. Lav. 13033/2001;
Cass. Sez. Lav. 9228/2001; Cass. Sez. Lav. 6 novembre 2000, n.
14443; Cass. Sez. Lav. 18 ottobre 1999, n. 11727; Cass. Sez. Lav.
16 dicembre 1992, n. 13299; Trib. Milano 4 maggio 2001; Trib.
Treviso 13 ottobre 2000; Trib. Roma 4/4/2000: Pret. Milano 21
gennaio 1992) In questo caso la dequalificazione, che occasioni il
mancato rispetto delle obbligazioni assunte (da eseguire secondo
correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c.) e quindi la
violazione dell'art. 2103 c.c., determina un vulnus della dignità e
della personalità morale del lavoratore nonché del
suo diritto alla realizzazione delle proprie aspettative
nell'ambito dell'attività lavorativa in funzione delle quali
ha instaurato un rapporto di lavoro. Tale vulnus - immanente al danno da
demansionamento, cioé a dire "in re ipsa" e, come tale, non
necessitante di prova da di pregiudizio economico - occasiona
responsabilità da inadempimento del debitore ex art. 1218
c.c., liquidabile dal giudice adito anche in via equitativa ex art.
1226 c.c., Cass. del 12 novembre 2002 n. 15868 DPL, 2003, 9, 632
ss. Per quanto riguarda la professionalità in senso
oggettivo (come perdita di chances) si sottolinea che
l'affermazione di un valore superiore della professionalità,
direttamente collegato ad un diritto fondamentale del lavoratore e
costituente sostanzialmente un bene a carattere immateriale, in
qualche modo supera ed integra la precedente affermazione che la
mortificazione della professionalità del lavoratore potesse
dar luogo a risarcimento solo ove venisse fornita la prova
dell'effettiva sussistenza di un danno patrimoniale (in
quest’ultimo senso v. Cass. 8 novembre 2003 n. 16792 GL,
2004, 1, 21. Va invece dimostrato il concreto pregiudizio qualora
si adduca addizionalmente una lesione della professionalità
in senso obiettivo, sciolta da ogni riferimento alla dignità
del lavoratore ed intesa nel senso di perdita di occasioni concrete
di progressione lavorativa (migliori occasioni di collocazione
lavorativa all'esterno e di avanzamento in carriera all'interno
(Cass. Sez. Lav. 6 novembre 2000, n. 14443).”
[70] Cass. Sez. Lav. 11 gennaio 1995 n. 276,
D&L 1995, 961.”
[71] Per
un’ipotesi di dipendente RAI, assunto per svolgere mansioni
di attore e inutilizzato per 16 anni, v. Cass. Sez. Lav. 2 gennaio
2002, n. 10, RIDL 2003, II, 58, con nota di QUARANTA, La dimensione equitativa della
valutazione del danno da demansionamento; vanno altresì
citate le tre ordinanze rese nel 2003 dal Tribunale di Roma (20
febbraio; 3 giugno e 23 luglio) nella nota fattispecie del
giornalista Santoro, D&L, 2003, 678 ss.”
[72] Trib. Milano 26
aprile 2000, D&L, 2000, II, 750, con nota di
PAVONE.”
[73] Cass. Sez. Lav. 6
novembre 2000, n. 14443, in MGC, 2000, 2263.”
[74] Cass. Sez. Lav. 7
luglio 2001, n. 9228, D&L, 2001, 999.”
[75] Trib. Milano 30
maggio 1997, D&L 1997, 789; Pret. Milano 11 marzo 1996, D&L
1996, 677, Cass. Sez. Lav. 8835/1991, RIDL 1992, II, 954, con nota
FOCARETA; Trib. Bari, 19/03/2001 Trib. Bari (ord.) 21 novembre 2000
e Trib. Bari (ord.) 29 settembre 2000, in Le Corti di Bari, Lecce e
Potenza, 2001, 261 ss.”
[76] Trib. Forlì
15 marzo 2001, RIDL 2001, II, 728, con nota di VINCIERI, e D&L
2001, 411, con nota di GRECO.”
[77] IZZI, Denuncia di mobbing e licenziamento
per giusta causa: chi la fa l’aspetti?, commento a Cass.
Sez. Lav. 143/2000, RIDL 2000, II, 776.”
[78] PIZZOFERRATO,
“Molestie sessuali sui luoghi di lavoro: verso una
tipizzazione della fattispecie giuridica e delle tecniche di
tutela, commento a Cass. Sez. Lav. 8 agosto 1997, n. 7380, RIDL
1998, II, 799, 803 ss.”
[79] V. la Risoluzione
del Parlamento Europeo dell’11 giugno 1986, sulla violenza
contro le donne; la Risoluzione del Consiglio del 29 maggio 1990,
sulla tutela della dignità degli uomini e delle donne nel
mondo del lavoro; la Raccomandazione della Commissione del 27
novembre 1991; la Dichiarazione del Consiglio del 19 dicembre
1991.”
[80] Secondo
PIZZOFERRATO, cit., “ l’interpretazione del diritto
interno deve avvenire alla luce della lettera e dello spirito delle
norme comunitarie, anche se contenute in raccomandazioni.
…Se il fondamento lesivo del comportamento molesto viene
rinvenuto nel nostro ordinamento direttamente nell’art. 41,
comma secondo, Cost., dove si tutela la dignità della
persona dinanzi all’iniziativa economica privata, nulla
impedisce che in tale situazione antigiuridica si collochi una
fattispecie dai contorni delineati dall’ordinamento
comunitario. …la raccomandazione della Commissione non solo
ha tracciato una fattispecie aperta e assai comprensiva, ma ha
predisposto un codice di condotta relativo ai comportamenti da
adottare nella lotta contro le molestie sessuali …Si
individuano, inoltre, procedure informali e formali di segnalazione
del comportamento indesiderato …La Commissione formula agli
Stati membri l’invito ad attuare il codice di condotta nel
settore pubblico e ad incoraggiarne l’adozione nel settore
privato (sebbene in tutti i contratti collettivi di comparto del
pubblico impiego privatizzato le molestie sessuali siano state
incluse espressamente fra i comportamenti sanzionabili
disciplinarmente, tuttavia in nessuno è stata data
attuazione ai contenuti della Raccomandazione
CEE”.”
[81] Trib. Pisa 7
ottobre 2001, DPL Oro 3/2002, 177.”.
[82] Del pari è
stato riconosciuto il danno biologico per l’insorta sindrome
ansiosa depressiva reattiva, in favore di una lavoratrice che aveva
subito molestie sessuali da parte di un capo-turno ed era stata
adibita ad una postazione di lavoro isolata e di ridotte
dimensioni; in questo senso v. Pret. Milano 14 agosto 1995,
D&L 1996, 680; Pret. Milano 14 agosto 1991, RIDL 1992, II, con
nota di POSO; Trib. Torino 16 novembre 1999, LG 2000, 361 con nota
di SANTORO.”.
[83] Cass. Sez. Lav. 8
gennaio 2000, n. 143, RIDL 2000, II, 764, con note di
D’APONTE, Molestie
sessuali e licenziamento: è necessaria la prova del c.d.
mobbing?, e di IZZI, Denunzia di mobbing e licenziamento
per giusta causa: chi la fa l’aspetti?”.
[84] Cass. 17 luglio
1995, n. 776.”.
[85] Trib. Monza
(decreto) 19 dicembre 2000, LG 2001, 975, con nota di
FERRANTE.”.
[86] Pret. Ferrara 25
novembre 1993, RIDL 1994, II, 555, con nota di TULLINI, Del licenziamento, del danno biologico
e di altro, 562 ss.; In tema di licenziamento ingiurioso, v.
anche: Cass. Sez. Lav. 1 luglio 1997, n. 5850, GL 1997, 4, 18;
Cass. Sez. Lav. 7 febbraio 1994, n. 1219, OGL 1994,
863.”.
[87] V. sul punto Cass.
5 febbraio 2002 n. 1307, I, 1570; Cass. 9 aprile 2003, GL 2003 n.
5539, 21, 12 ss.”.
[88] V. Trib. Pisa 3
ottobre 2001, www.unicz.it/lavoro.”.
[89] In ordine
all’ampiezza dell’obbligo ex art. 2087 c.c., è
opinione di LAZZARI che secondo l’interpretazione datane in
giurisprudenza e in dottrina, alla luce dei principi sanciti negli
artt. 32 e 41, comma 2, Cost. e dei doveri di correttezza e buona
fede, l’osservanza dell’art. 2087 c.c. non si esaurisce
nel rispetto degli obblighi tassativamente previsti per legge in
materia di sicurezza, ma impone al datore di lavoro anche
l’adozione di tutte le misure di ordine generale che
risultino di volta in volta idonee a garantire, secondo le
“particolarità del lavoro, l’esperienza e la
tecnica”, l’integrità psico-fisica del
lavoratore. Sicché, la sua natura di norma generale si
rivela particolarmente adatta a sanzionare comportamenti materiali
atipici, come quelli in cui spesso si concretizzano le pratiche di
mobbing (…) Il problema vero, dunque, è quello di
dare un contenuto all’obbligo di tutela dell’art. 2087
c.c. e di garantirne l’effettività, anticipando quindi
le garanzie e sostanzialmente le barriere che l’ordinamento
deve opporre alla lesione dei diritti fondamentali.
(“Il mobbing fra norme
vigenti e prospettive di intervento legislativo, RGL 2001, I,
59, 62) Di identico avviso è SMURAGLIA, che, dopo aver
illustrato tutta una serie di fattispecie nel contesto di una nuova
e complessa visione dei diritti fondamentali della persona che
lavora, derivante da quanto sta emergendo dalla realtà,
afferma che, in tale prospettiva, si deve andare ben oltre la
riparazione ex post (che pure richiede il perfezionamento delle
tecniche di tutela), per concentrare ogni sforzo sulla prevenzione,
responsabilizzando i datori di lavoro in una rinnovata visione
della portata dell’art. 2087 c.c., e, nello stesso tempo,
investendo di nuovi compiti le rappresentanze dei lavoratori ed i
lavoratori stessi. [Diritti
fondamentali della persona nel rapporto di lavoro (Situazioni
soggettive emergenti e nuove tecniche di tutela), RGL 2000, I,
447 ss., spec. 454].”.
[90] V. Trib. Torino 16
novembre 1999, in. L.G., 2000, 361 ss. ; Trib. Forlì 15
marzo 2001, D&L 2001, 423.”.
[91] Così Trib.
Milano 9 maggio 2003, D&L, 2003, 649 ss.”.
[92] V. PICCININNO,
(Danno biologico, azioni di
regresso e surroga nell’assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro, DL 1995, 59) il quale, benchè rilevi che la
giurisprudenza della Corte di Cassazione è …costante
circa il concorso delle due azioni, quella contrattuale e quella
extracontrattuale; ed è sotto gli occhi di tutti la
differenza che si connette a queste diverse forme di
responsabilità, in ordine al regime della prescrizione e
dell’onere della prova, afferma che tale concorso di azioni
è stato sottoposto ad una convincente revisione critica
secondo la quale, in materia di lavoro o in materia di trasporto di
persone, il concorso di azioni è possibile, ma soltanto
laddove il contratto disponga del diritto alla salute e non anche
laddove il contratto, in qualche modo, si limiti ad implicare il
diritto alla salute per disporre relativamente ad oggetti diversi.
Orbene è possibile ritenere che il diritto alla salute, ove
costituisca oggetto di violazione, cioè di inadempimento,
dia luogo all’azione contrattuale, ma perché con
contratto si disponga del diritto alla salute occorrerebbe che il
diritto fosse disponibile, il ché non è; pertanto in
materia di diritto alla salute è impossibile prefigurare un
contratto che deduca a proprio oggetto il diritto stesso; è,
quindi, impossibile prefigurare un’azione contrattuale
residuando soltanto un’azione
extracontrattuale.”.
[93] V. Cass. 17 luglio
1995, n. 7768, GI, 1996, I, 1110; Cass. 21 dicembre 1998, n. 12763,
NGL, 1999, 187; Cass. 20 gennaio 2000, n. 602, RGC, 2000, voce
Lavoro (rapporto di), n. 1121.”.
[94] V. Trib.
Forlì, 15 marzo 2001, D.L., 2001, 477 ss.”.
[95] v. Corte
d’appello Firenze 4 febbraio 2003, D&L, 2003, 354 ss.;
Cass. 2753/2002, GL 2003, 15, 39 ss.; Cass. 5/2002 con nota di
SALVAGLI, RIDL, 2003, 735 ss.; Cass. 9856/2002, GL 2002, 34, 35
ss.; Trib. Milano 20 maggio 2000 con commento di Nunin, LG 2001, 4,
367 ss.”.
[96] All’art. 1227
co. 2 c.c., CARINCI F., cit. 1099, riconduce l’inerzia del
lavoratore nel denunziare pratiche di mobbing, paventando
un’ipotesi di prescrizione del diritto al
risarcimento.”.
[97] Sul punto v.
RAUSEI, "Il mobbing", DPL, ORO, 2002, n. 3, 53 ss; in
giurisprudenza v. Corte d’Appello Genova 19 settembre 2001,
GL 2002, 15, 26.”.
[98] V. sul punto
ZOPPOLI L., "Il danno
biologico tra principi costituzionali, rigidità civilistiche
e tutela previdenziale, DRI, 2001, 389 ss.”.
[99] LASSANDARI,
"L'alternativa fra fondamento
contrattuale o aquiliano della responsabilità e le sue
ripercussioni", in PEDRAZZOLI (a cura di), "Danno biologico e oltre. La
risarcibilità dei pregiudizi alla persona del
lavoratore", Giappichelli, Torino, 1995, 113
ss.”.
[100] V. Cass. 20
dicembre 1986, n. 7801, RIDL, 1987, II, 578; Trib. Milano 9 maggio
2003, D&L, 2003, 649 ss.”.
[101] Trib. Torino, 16
novembre 1999, cit., nonchè, RIDL, 2000, II,
102.”.
[102] La Cassazione ha
escluso la possibilità di limitare la responsabilità
del datore di lavoro per i danni fisici (sindrome depressiva e
successivo infarto), provocati con il suo comportamento al
lavoratore, in ragione della esistenza di una concausa
rappresentata da una preesistente patologia coronarica; la Corte ha
affermato che una limitazione di responsabilità può
derivare solo dalla concorrenza di un altrui fatto colposo o
doloso, ma non dalla concorrenza, nella causazione
dell’evento, di una precedente malattia o di altro evento
naturale ed imprevedibile (Cass. Sez. Lav. 5 novembre 1999, n.
12339, D&L, 2000, II, 205 ss.). La giurisprudenza di merito ha
escluso che il datore di lavoro possa essere, in tutto o parte,
esonerato dalla responsabilità per il danno biologico e
morale sofferto dalla lavoratrice molestata, in ragione della
esistenza di una concausa del danno, rappresentata dalla
particolare fragilità personale della donna. Conclusione del
tutto corretta se si tiene conto, da un lato, del principio per cui
il concorso di cause, anche se indipendenti dall’azione o
dall’omissione del colpevole, non esclude il rapporto di
causalità fra queste e l’evento dannoso, e,
dall’altro, della inoperatività della limitazione
della responsabilità contrattuale al solo danno prevedibile,
ai sensi dell’art. 1225 c.c., allorquando
l’inadempimento sia accompagnato da dolo (ovverosia da una
condotta intenzionalmente diretta a ledere la personalità
del lavoratore). L’inoperatività che potrà
essere opposta al datore di lavoro in tutti i casi di mobbing che
siano ascrivibili ad una sua propria condotta o ad una sua
consapevole e volontaria omissione; inoperatività che non ci
sarà nemmeno bisogno di invocare nei casi – meno gravi
e più ricorrenti – in cui alla persecuzione sul luogo
di lavoro faccia seguito, come conseguenza prevedibile secondo la
scienza medica e psichiatrica, una sindrome ansioso depressiva
(Trib. Milano, 19 giugno 1993 e 21 aprile 1998, D&L, 1998,
957).”.
[103] V. Cass. 2 maggio
2000, n. 5491, L.G.,
2000, 830 ss., con commento di NUNIN.”.
[104] V. Cass. 21
dicembre 1998, n. 12763, GCM, 1998, 2635.”.
[105] Sul punto v.
MOTTOLA, "Mobbing e
comportamento antisindacale", Torino, Utet, 2003, 57
ss.”.
[106] Ex multis, v. Cass. 17 giugno
1995, n. 7768, GI, I, 1110; Cass. 6 marzo 1995, n. 2577; Cass. 5
ottobre 1994, n. 8090.”.
[107] V. Cass. 2 maggio
2000, n. 5491.”.
[108] V. Corte Cost. 6
maggio 1985, n. 132, G.C, 1985, 934.”.
[109] In generale sulla
valutazione del danno "da mobbing", v. EGE, "La valutazione peritale del danno da
mobbing", Milano, Giuffrè, 2002.”.
[110] Sui concetti di
danno emergente e lucro cessante, v. TORRENTE - SCHELESINGER,
“Manuale di diritto
privato”, Giuffrè, Milano, 1999,
431”.
[111] V. Cass. 6 giugno
1981 n. 3675, FI 1981, I, 1884; Cass. 6 aprile 1983 n. 2369, GI,
1984, I, 1, 537.”.
[112] V. Trib. Torino 11
dicembre 1999, cit., e 30 dicembre 1999, R.I.D.L., 2000, II, 378;
sul punto v. AMATO-CASCIANO-LAZZERONI-LOFFREDO, "Il Mobbing", Milano,
Giuffrè, 2002, 114 ss.”.
[113] Cass. 19 gennaio
1999, n. 475, OGL, 1999, 295. Si richiama l'attenzione su Pret.
Bologna 20 gennaio 1990, secondo la quale l'unica lettura corretta
dell'art. 2059 cc è nel senso di ritenere che il "danno" di
cui parla espressamente l'art. 41 co. 2 Cost. sia decisamente
risarcibile perché la legge di base dell'ordinamento
effettua inequivocabilmente la "determinazione" del relativo "caso"
lesivo non patrimoniale".”.
[114] v. sul punto Cass.
sez. lav. 22 febbraio 2003 n. 2763; Cass. sez. Lav. 6 marzo 2003,
n. 3362.”.
[115] Pertanto, "il
danno arrecato al giornalista dequalificato perché
politicamente discriminato rileva sia come danno alla
professionalità che come danno alla dignità umana e
alla libertà di pensiero dell'operatore dell'informazione"
in (Pret. Milano 15 maggio 1995, D&L, 1995,
943).”.
[116] Trib. Milano 14
marzo 2003, D&L, 2003, 674 ss.; Trib. Parma 17 aprile 2003,
ibidem 668 ss.;
quest’ultima pronunzia si segnala per la compiuta definizione
di danno esistenziale.”.
[117] V. Trib. Milano 19
giugno 1993, D&L, 1994, 130; in modo conforme Pret. Milano 14
luglio 1991, OGL, 1991, 888, in cui si dice " che..la condotta
posta in essere dal datore di lavoro, oltre che un inadempimento
contrattuale, integra anche un'ipotesi delittuosa, ed in
particolare il reato previsto e punito dall'art. 521 c.p., se non
già quello previsto e punito dagli artt. 56-519
c.p."”.
[118] V. Corte Cost. 27
dicembre 1991, n. 485, GI, 1992, I, 1, 794.”.
[119] V. Corte Cost. 14
luglio 1987, n. 184, FI, 1986, I, 2067.”.
[120] V. SMURAGLIA,
“Diritti fondamentali
della persona nel rapporto di lavoro cit; ivi, l’A.
afferma che l’ipotesi più complessa … è
quella della lesione dell’integrità psico-fisica sotto
il profilo di un danno psichico non inquadrabile immediatamente
come una delle classiche patologie mentali. Si tratta, cioè,
di tutto quel complesso di turbe di carattere nevrotico, di
menomazioni a carattere più squisitamente psicologico, che
vanno al di là del disagio o del disturbo esistenziale, per
sconfinare in vere e proprie forme patologiche, ancorché non
di tipo “tradizionale”. Quanto al fatto che non si
tratti di vere “malattie”, questo assunto deriva da
concezioni antiquate, secondo le quali la malattia mentale è
solo quella studiata e valutata dalla psichiatria, in qualche modo
“misurabile” e rientrante nelle definizioni classiche
della Organizzazione mondiale della sanità. In epoca
più recente, gli studi più aggiornati hanno
dimostrato che disturbi psicologici possono assurgere a livello di
vere e proprie situazioni patologiche o di processi patologici.
(…) Spesso, alla radice di questi fenomeni, c’è
la stessa organizzazione del lavoro, ponendosi come causa
determinante dello stress: la faticosità, la
ripetitività, i ritmi di lavoro eccessivi, la mancanza di
pause adeguate nei lavori monotoni, sono spesso causa di infortuni;
ma altrettanto spesso sono alla base di un disadattamento, di un
affaticamento mentale, che può trasformarsi con
facilità in una vera turba mentale. Ma, accanto a questa, ci
sono altre cause in qualche modo meno afferrabili, ma talora
addirittura determinanti: la dequalificazione, la mancanza di
opportunità di sviluppo professionale, il lavoro svolto in
ambiente ostile, la sottoposizione a persecuzioni o molestie, e
così via, sono altrettanti fattori di danno
psichico”.”.
[121] V. TULLINI,
"Mobbing e rapporto di
lavoro", RIDL, 2000, I, 251 ss.”.
[122] Tale definizione
è reperibile in numerose pronunzie, tra cui si segnala Trib.
Parma 17 aprile 2003 cit.; Trib. Milano 28 febbraio 2003 cit.; per
una ricostruzione dell’elaborazione giurisprudenziale della
nozione di danno esistenziale, anche al di fuori del diritto del
lavoro, v. Atanasio, “Nuove frontiere del danno alla persona
nel diritto del lavoro” D&L, 2003, 515
ss.”.
[123] V. CENDON,
"Dieci anni di danno
esistenziale, relazione al convegno su "Il danno esistenziale. Aspetti civili,
processuali, medico-legali", Padova, 5 ottobre
2001.”.
[124] V. DE ANGELIS
"Interrogativi in tema di
danno alla persona del lavoratore", FI, I, 1157
ss.”.
[125] Sul punto v.
SMURAGLIA, "Diritti
fondamentali della persona nel rapporto di lavoro", cit.;
CIMAGLIA, "Riflessioni su
mobbing e danno esistenziale", in RGL, 2002, II, 91 s;
PARPAGLIONI, "Il danno
esistenziale fa il suo ingresso nel diritto del lavoro attraverso
il mobbing", RIDL, 2002, II, 534 ss.; DE ANGELIS, "Interrogativi in tema di danno alla
persona del lavoratore", cit.”.
[126] V. DEL PUNTA,
Il mobbing
cit.”.
[127] V. Cass. 7 giugno
2000, n. 7713, GCM 2000, 1240.”.
[128] Cass. sez. lav. 3
luglio 2001, n. 909.”.
[129] Così Cass.
9 settembre 2001 cit.”.
[130] CENDON-ZIVIZ, nota
a Ferrara 25 novembre 1993, NGCC, 1995, 70 ss.”.
[131] Contro tale
concezione e assolutamente favorevole alla catalogazione del danno
esistenziale quale danno in
re ipsa, v. MONATERI, "Verso una teoria del danno
esistenziale", in CENDON (a cura di) "Il danno esistenziale", Cedam,
Padova, 2000, 713 ss.”.
[132] Sul punto v.
PEDRAZZI, “Liftinh the
veil: il disvelamento del danno esistenziale”, in
PONZANELLI (a cura di), “Critica del danno
esistenziale”, Padova, Cedam, 2003, 41
ss.”.
[133] Sul punto v.
RAUSEI, "Il mobbing", DPL
ORO, 2002, n. 3, 53 ss..”.
[134] Tra le sentenze
ante d. lgs. 38/2000 v.
Cass. 7459/1997, NGL 1997, 452; Cass. 11428/2000, ibidem, 2001, 132
ss.”.
[135] A sostegno di
ciò, si rinvia all'orientamento manifestato da Cass. n.
9801/1998, relativamente alla riconducibilità al concetto di
"occasione di lavoro" di tutto quanto attiene alle "condizioni
ambientali di lavoro". Si ricordi anche Corte Cost. 10 febbraio
1988 n.. 179 che ha sancito per il riconoscimento delle malattie
professionali il passaggio dal sistema tabellare chiuso a quello
misto extratabellare confermato nell'art. 10, co. 4
d.lgs.38/2000”.
[136] Il dato è
stato riferito in data 6 maggio 2002 dal sovrintendente medico
dell'Istituto, prof. CIMAGLIA, durante un convegno presso la Camera
dei Deputati.